In un’epoca in cui i brand non possono più permettersi di rimanere neutrali, il corporate activism è passato dall’essere una scelta opzionale a leva strategica. Le aziende oggi sono dunque chiamate a prendere posizione, non solo nei confronti del mercato ma anche della società. E in questo scenario, i dipendenti non sono spettatori: sono parte attiva, e spesso motore del cambiamento. Ma cosa significa davvero coinvolgere le persone in azienda nelle cause sociali? E perché farlo può diventare un vantaggio competitivo?
Oltre la CSR: nasce l’attivismo d’impresa
Per anni, la responsabilità sociale d’impresa (CSR) è stata il canale principale attraverso cui le aziende dimostravano impegno verso l’esterno. Oggi però, i consumatori (e i lavoratori) chiedono di più. Vogliono coerenza, azioni tangibili e posizioni chiare.
Secondo il 2022 Edelman Trust Barometer, il 60% delle persone si aspetta che l’azienda per cui lavora prenda posizione su temi sociali rilevanti. Parliamo di argomenti anche molto delicati, come la giustizia razziale, l’uguaglianza di genere e la sostenibilità ambientale. E ben il 64% dei dipendenti afferma che deciderebbe di lavorare (o meno) per un’azienda in base ai suoi valori dichiarati.
In altre parole, il corporate activism non è più una questione di immagine, ma di identità.
L’attivismo che parte dall’interno
Il coinvolgimento dei dipendenti nelle iniziative sociali non solo rafforza la coerenza tra cultura interna e comunicazione esterna, ma stimola anche motivazione, senso di appartenenza e retention.
Un’altra indagine condotta da Deloitte nel 2023 ha evidenziato che i dipendenti che partecipano attivamente a progetti sociali aziendali hanno una probabilità del 26% più alta di sentirsi motivati, e del 34% più alta di raccomandare l’azienda ad altri come “great place to work”.
Ma non basta “comunicare bene”: serve costruire meccanismi di partecipazione reale.
Come coinvolgere i dipendenti in modo autentico
Vediamo alcune strategie che rendono il corporate activism più di una semplice campagna marketing.
1. Ascolto attivo e bottom-up
Invece di imporre dall’alto le cause da sostenere, le aziende più efficaci coinvolgono i team già nella fase di scelta. Workshop, sondaggi interni e focus group aiutano a identificare i temi che risuonano davvero con le persone. L’engagement nasce quando il messaggio è sentito come proprio.
2. Attivismo esperienziale, non solo simbolico
Le azioni simboliche (post sui social, campagne di sensibilizzazione) hanno valore, ma vanno integrate con opportunità concrete: volontariato d’impresa, progetti in collaborazione con ONG, mentorship per categorie svantaggiate, formazione interna su temi come inclusione e giustizia climatica.
3. Integrazione nella cultura aziendale
Il corporate activism non può essere scollegato dal day-by-day dell’azienda. Al contrario, deve diventare parte della cultura organizzativa. Questo significa legare gli obiettivi sociali agli OKR interni, valorizzarli nei percorsi di carriera e riconoscerli nei sistemi di valutazione delle performance.
I rischi dell’attivismo “di facciata”
L’attivismo d’impresa, però, porta benefici solo se autentico. Secondo una ricerca condotta da Sprout Social, il 66% dei consumatori ritiene che i brand “facciano social washing” quando prendono posizione solo per convenienza, senza un reale cambiamento interno.
Un esempio negativo è stato il caso del Pride Month, in cui numerose aziende hanno lanciato campagne a favore della comunità LGBTQIA+ pur non offrendo alcuna policy inclusiva sul posto di lavoro. Il risultato? Danneggiamento della reputazione e perdita di fiducia sia all’esterno che all’interno.
Perché oggi serve più attivismo (vero) che marketing
In un mondo polarizzato, le aziende che riescono a creare senso, valore e impatto sono quelle che sanno prendere posizione con coerenza. E i dipendenti, oggi più che mai, vogliono lavorare per imprese che rispecchino i loro ideali.
Il corporate activism è quindi anche un potente strumento di employer branding: secondo LinkedIn Talent Solutions, i candidati più giovani – in particolare i Gen Z e i Millennial – valutano l’impegno sociale dell’azienda tra i primi 5 criteri di scelta lavorativa.
Il corporate activism come vantaggio competitivo
L’attivismo d’impresa non è solo una strategia di comunicazione: è un’espressione culturale e organizzativa. Coinvolgere i dipendenti in iniziative sociali significa dare loro un motivo in più per credere in ciò che fanno ogni giorno. E questo, nel lungo periodo, può diventare uno dei più forti vantaggi competitivi per qualsiasi azienda che voglia attrarre e trattenere talenti.